PREMESSA
Il primo seminario del gruppo di lavoro coordinato da Legambiente Costa Etrusca, tenutosi a Donoratico il 14 aprile 2018, ha dato esiti positivi. Osservatori, istituzioni locali, comitati e cittadini, anche non associati, hanno riconosciuto nell’inestimabile patrimonio naturale e culturale della costa, la solida base su cui “costruire” qualsiasi ipotesi di futuro sostenibile. Un coacervo di beni comuni di chiarissima definizione e riconoscibilità, che ha il merito di costituire un giacimento pressoché inesauribile e interconnesso di motivazioni identitarie.
D’altra parte, il gruppo, pur con approcci e sfumature diverse, ha rilevato un’altra precondizione necessaria per il rilancio di questa importante area della nostra regione. Ed è la riqualificazione del tessuto industriale di Livorno, a nord, e di Piombino, a sud. Che non vuol dire ripercorrere le insostenibili formule industrialiste della II metà del Novecento, caratterizzate da prelievi estremi di Capitale Naturale e da enormi impatti sugli ecosistemi, come Rosignano Solvay e l’area Lucchini ci raccontano. Ma semmai rileggere la tradizione manifatturiera toscana, anche e soprattutto nell’hard economy, alla luce delle dirompenti novità (strutturali, sociali e tecnologiche) introdotte dallo scenario 4.0.
INNANZITUTTO, NATURA E CULTURA …
Alcuni scorci della Costa Etrusca rappresentano la quintessenza della toscanità nel mondo. Il filare di cipressi di Bolgheri, il golfo di Baratti, il placido susseguirsi di tomboli e pinete alle spalle di straordinari habitat dunali, in quel di Cecina o Bibbona, oggi minacciati semmai da un’incipiente e aggressiva erosione costiera. Insomma, il paesaggio delle Maremme settentrionali, pazientemente sottratto nei secoli all’insalubrità delle paludi, è il risultato dell’opera di bonifica e di progressiva modellazione dei suoi abitanti. Un “patrimonio territoriale” che pochi altri luoghi in Italia possono vantare così ricco. Vorremmo soffermarci sul fatto che esso, innanzitutto, costituisce un valore in sé. Solo un attimo dopo, fugando ogni possibile dubbio circa la commestibilità della cultura, possiamo affermare che esso è il più formidabile biglietto da visita per un possibile rilancio della sua economia turistica. Turismo, in altri termini, per noi non è solo e soltanto business, è anche e soprattutto invito alla fruizione dei luoghi. Un invito a percorrere “da dentro” la bellezza del mondo, che qui si costella di località e identità geografiche d’impareggiabile densità iconica, emozionale e percettiva. Da questo punto di vista, occorrono qui alcune necessarie precisazioni su cosa Legambiente intenda per turismo sostenibile.
In primo luogo, occorre, a nostro avviso, inquadrare più stabilmente questa materia alla scala regionale. Ed evidenziare come nell’ultimo biennio il marchio “Toscana” abbia riscontrato un successo senza precedenti. Sono tutti i comparti turistici a crescere, dalle città d’arte al sistema dei Parchi, dal balneare al termalismo del benessere slow, fino all’enogastronomico. Insomma: un trionfo in piena regola, con due sole ma evidentissime criticità (qualitative). La prima, strutturale, è posta da un solo dato, impressionante. Oltre il 50% dei flussi turistici della Toscana si concentrano ancor oggi su Firenze. La seconda, tutta interna al mondo costiero e insulare, è determinata dall’assoluta stagionalità del turismo balneare, concentrato all’80% nei due mesi di luglio e agosto. Ora, entrambe le statistiche postulano un modello di pressione del comparto turistico che di sostenibile ha ben poco. Per Legambiente a questo proposito, le parole d’ordine sono due: diluire e destagionalizzare.
La valorizzazione del sistema culturale e archeologico, un’auspicabile e sempre più solida sinergia tra i Parchi (Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, la Val di Cornia Spa, il Parco Nazionale Tecnologico e Archeominerario delle Colline Metallifere), una più coraggiosa salvaguardia e promozione delle nuove arterie di mobilità dolce (la Via degli Etruschi, che da Volterra scende fino a Populonia, toccando tutti i principali centri antichi della Val di Cecina – ma anche e soprattutto la nuova Ciclovia Tirrenica, che mette in relazione la Provenza a Roma con un tracciato ciclabile di oltre 1.200 km!), sono tutte chiavi di lettura che potrebbero permettere alla Costa Etrusca e al suo immediato entroterra di affrancarsi dalla pressione monocorde del turismo agostano. D’altra parte, Toscana Promozione (cfr. dati novembre 2017) ci indica proprio nel cicloturismo e nei cammini storici quali la Francigena, i settori con un più ampio margine di miglioramento dell’offerta turistica per il prossimo biennio. Mentre ci offre uno spaccato piuttosto stabile dei prodotti “consolidati” (turismo ambientale e naturalistico, culturale/artistico ed enogastronomico). Tutte aree e comparti in cui il territorio della Costa Etrusca eccelle, non solo su scala regionale.
NON SOLO “SUPER TUSCAN”: PER UN’AGRICOLTURA A QUALITÀ DIFFUSA
Questa è la terra dei vini più apprezzati al mondo. La mirabile commistione di sapienza enologica, di passione secolare di famiglie aristocratiche ben radicate sul territorio, e di tanta generosità di “fratello sole” e “madre terra”, ha generato capolavori del settore vitivinicolo quali il Sassicaia e l’Ornellaia. I cosiddetti “Super Tuscan” appunto. Il fiore all’occhiello dell’export toscano, accanto alle creazioni di moda di Gucci e Ferragamo. Lungi da noi disconoscere l’importanza di queste produzioni, al top della nostra piramide agricola. Tuttavia, si tratta di attività per l’appunto “eccezionali” e inimitabili. L’agricoltura costiera, per la sua generalità, soffre dell’aggravarsi del fenomeno del cuneo salino e dell’eccessivo prelievo della risorsa idrica. Problemi strettamente correlati, resi ancora più estremi dal cambiamento climatico, che a queste latitudini ha riservato, sempre più spesso negli ultimi anni, periodi siccitosi lunghissimi e gravi, intervallati da precipitazioni concentrate e altrettanto disastrose. Anche qui, con l’avvento della quarta rivoluzione industriale, si tratta, a nostro avviso, di attingere il meglio dalla ricerca e dall’innovazione tecnologica in ambito agricolo per scommettere sempre di più sulla diversificazione delle colture, a partire da quelle meno idroesigenti. Puntando decisamente sulla qualità delle produzioni. Le denominazioni di origine protetta, le indicazioni geografiche tipiche, le DOCG, d’altra parte, come abbiamo già visto, possono diventare il motore trainante non solo del turismo verde, ma dell’intera economia costiera del futuro. A patto che questa qualità abbia la capacità di diffondersi, di radicarsi seriamente, superando gli angusti recinti delle produzioni di élite e inducendo una più stretta collaborazione tra mondo della Ricerca, amministrazioni locali e dipartimenti regionali. In vista di un’agricoltura che sappia compiutamente e concretamente “ricavare reddito” dalla terra.
PER CONCLUDERE
Infine, ultima questione ma non in ordine d’importanza, ci pare quella, invero assai generale per il nostro Paese attuale, della tenuta del patto civico tra cittadini e istituzioni democratiche. Anche nella Costa Etrusca. Troppe crepe, troppe slabbrature, troppe diffidenze, quando non aperti rancori, registriamo anche in questo meraviglioso lembo di territorio toscano. La crisi, dopo questi interminabili ultimi dieci anni, ha messo a dura prova la fiducia delle comunità. Il rischio che vediamo è che i grandi player finanziari, tra cui in prima fila le organizzazioni criminali di stampo mafioso, Ndrangheta in testa, riescano ad insinuarsi nei circuiti economici depressi e nei gangli vitali di questo comprensorio. La vicenda di Monte Coronato, ove un sentiero è diventato nel breve volgere di un’estate una strada larga quattro metri, è da questo punto di vista paradigmatica. E non interroga solo le istituzioni locali e regionali, bensì la tenuta stessa di uno Stato che voglia dirsi ancora di diritto. Legambiente, Libera e le molte altre associazioni locali promotrici, con la partecipatissima camminata del 14 agosto 2017, hanno dimostrato di essere ancora valide sentinelle sul territorio. Ma non basta. Occorre informare e responsabilizzare, costantemente, sempre più larghi strati della popolazione locale. Tenendo sempre la guardia alta e confidando nel frattempo nell’azione efficace di Magistratura e forze di polizia.
Seminario 14 aprile 2018_Futuro costa etrusca