Oggi a Piombino grande giornata di mobilitazione e di dibattito sul modello energetico dell’Italia. A fare il punto è Legambiente che, nell’ambito della campagna d’informazione C’è Puzza di Gas, torna a lanciare, proprio da Piombino, un messaggio forte e chiaro: puntare sul gas significa andare nella direzione sbagliata. Occorre piuttosto aprire i cantieri della transizione energetica: quella vera, basata sul risparmio, l’efficienza e le rinnovabili, le reti elettriche e gli accumuli. L’associazione da subito si è schierata contro la soluzione emergenziale prospettata, della rigassificazione del GNL, a Piombino come a Ravenna. Non si tratta più di una soluzione tampone – di transizione, fu definita – come nei primi Anni Duemila, è una soluzione che semplicemente ci attarda su un modello vecchio, iniquo e che a livello globale è il principale detonatore di conflitti e guerre.
Purtroppo l’Italia – sottolinea Legambiente - continua ad essere fortemente dipendete dalle fonti fossili e rischia di veder peggiorare la situazione alla luce delle sostanziose politiche di diversificazione degli approvvigionamenti di gas fossile e il conseguente sviluppo di nuove infrastrutture nel Paese, su cui ha lavorato intensamente il precedente Governo Draghi per affrontare il tema dell’indipendenza dal gas russo e che il nuovo Esecutivo Meloni vuol seguire. Si aggiungano circa 43 impianti a gas in valutazione al MASE tra riconversioni, ampliamenti e nuove centrali per circa 12 GW di nuova potenza; e numerose infrastrutture come gasdotti, rigassificatori, depositi. Infrastrutture che, il più delle volte, vengono presentate come progetti per far fronte al contesto emergenziale, ma che nella realtà dei fatti, alla luce dei tempi di costruzione e delle prospettive di funzionamento, sembrano rappresentare dei veri e propri provvedimenti strutturali nella politica energetica italiana. Si pensi al caso dei rigassificatori, che stanno godendo di procedure autorizzative accelerate saltando la Valutazione d’Impatto Ambientale e di 30 milioni di euro di sussidi l’anno fino al 2043. Nel caso di Ravenna si stima la messa in funzione del nuovo rigassificatore nel 2024 il quale dovrebbe funzionare per ben 25 anni, tempistiche che non sono minimamente giustificabili attraverso il pretesto dell’emergenza.
“Per queste ragioni diciamo con convinzione NO al gas mentre diciamo Sì a una strategia energetica completamente nuova – dichiarano Stefano CIAFANI e Fausto FERRUZZA, rispettivamente Presidente nazionale e regionale di Legambiente – una strategia che miri ad abbattere tutti gli sprechi, a efficientare significativamente tutto il nostro patrimonio edilizio, a implementare quante più comunità energetiche possibili, reti elettriche e accumuli, e, soprattutto, a mettere in opera tutti quegli impianti da rinnovabili necessari per traguardare seriamente l’orizzonte della decarbonizzazione al 2050”.
Focus su metano - Il clima ha un nemico silenzioso, di cui poco si parla, ma che è il secondo responsabile del surriscaldamento globale dopo l’anidride carbonica: il metano immesso direttamente in atmosfera. Il suo effetto climalterante, infatti, è fino a 86 volte più potente di quello della CO2. Un fenomeno che può coinvolgere diversi settori produttivi come quello agroalimentare e quello energetico. Quest’ultimo, all’interno dell’Unione Europea, è responsabile del 19% delle emissioni di metano, escludendo però tutte quelle che si verificano lungo la catena di produzione e trasporto nei Paesi fornitori al di fuori dei confini dell’UE. Infatti, lungo l’intera filiera del gas fossile si verificano dispersioni dirette, tra perdite strutturali e quelle legate alla manutenzione, stimate tra l'1 e il 3% del totale del gas fossile immesso nella filiera. Un recente studio del WWF Italia ha stimato nelle infrastrutture della filiera che importano gas in Italia dispersioni dirette in atmosfera di gas fossile tra i 3,2 e i 3,9 miliardi di metri cubi tra perdite strutturali e legate alla scarsa manutenzione. Un tema, quindi, sicuramente delicato ma che ci vede pienamente coinvolti considerando che importiamo il 70% del carbone che consumiamo, il 97% del petrolio e il 90% di gas fossile. Inoltre, per affrontare l’emergenza energetica, stiamo stringendo accordi con Paesi che rappresentano una criticità. Non dimentichiamo che per affrontare l’emergenza energetica, l’Italia sta stringendo accordi con Paesi che rappresentano una criticità. Secondo l’IEA, ad esempio, l’Algeria e in Libia, insieme, rappresentano l’1,7% delle emissioni globali, ovvero più di tre volte le emissioni italiane da tutti i settori (0,5%) Si consideri che per raggiungere l’obiettivo europeo al 2030 di riduzione delle emissioni nette di gas climalteranti del 55% rispetto al 1990 le emissioni di metano dal settore dell'energia dovrebbero diminuire di circa il 58% entro il 2030 rispetto al 2020.
Ed è proprio per tutti questi rischi legati alle dispersioni e agli sprechi che nasce la Campagna di informazione e sensibilizzazione di Legambiente “C’È PUZZA DI GAS”, sviluppata con il supporto di Clean Air Task Force (CATF). Nell’ambito della campagna, a testimoniare la gravità del problema, Legambiente e CATF hanno condotto ad ottobre 2022 un’indagine nel sud Italia, nel quale, attraverso l’utilizzo di una termocamera a infrarossi “FLIR GF320” sono state individuate perdite e rilasci di metano lungo l’intera filiera del gas fossile. In particolare, su 25 siti monitorati tra Sicilia e Basilicata sono state rilevate emissioni significative su 13 di questi, per un totale di circa 80 punti di emissione dei quali circa 68 perdite e 15 rilasci volontari (VENTING). In totale, dunque, sono state trovate circa 7 emissioni per ogni sito monitorato.
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