Abbattere un albero è sempre una misura dolorosa. Estrema. Abbatterne quasi 300 in un mese soltanto, è un atto che modifica il paesaggio di una città e passa quindi alla storia. E’ pertanto evidente che se si arriva a decidere una cosa del genere, come ha fatto l’Amministrazione Comunale di Firenze in questo torrido scorcio di 2017, ci si assume una grande responsabilità.
Non abbiamo pregiudizialmente dubbi sulla “bontà tecnica” dell’operazione nella sua interezza (282 abbattimenti contro 802 nuove messe a dimora), soprattutto se si pensa alla sostanziale inidoneità di certe specie verso l’ambiente urbano, Pino domestico (Pinus Pinea) e Pino marittimo (Pinus Pinaster) su tutte. E se si aggiunge che molte sono, purtroppo, ancora, le piante gravemente danneggiate dall’uragano del 5 marzo 2015 o aggredite da malattie che ne minacciano la stabilità.
Tuttavia, molto abbiamo da eccepire sulle modalità e i tempi di esecuzionedi questo piano di abbattimento. Una decisione del genere, ripetiamo eccezionale, avrebbe potuto e dovuto essere comunicata meglio. In modo capillare: casa per casa, ci verrebbe da dire. Con quella giusta solennità con la quale Nardella, ad es., avverte i fiorentini per telefono in caso di allerta meteo. Non solo: avrebbe potuto essere attuata con maggiore gradualità. Sarebbe stato evitato così l’effetto spettrale che si è creato oggi in Viale Belfiore.
La condizione attuale del verde a Firenze, d’altra parte, è il risultato di qualche decennio in cui solo in rari casi le amministrazioni sono andate oltre la manutenzione ordinaria, per programmare sostituzioni e nuove messe a dimora in un'ottica di lungo periodo. Da questo punto di vista, sarebbe invece auspicabile che Firenze si dotasse di un Piano del Sistema Ecologico Urbano di ampio respiro, che programmi la gestione delle alberature nel medio e nel lungo termine, prevedendo adeguati momenti d’informazione e partecipazione dei cittadini. In particolare, da tempo insistiamo sulla necessità di non operare le sostituzioni in rapporto 1:1, ma almeno 1:4, e puntando sempre di più sull'impiego di essenze "pronto effetto".
Legambiente ha “salvato” molti alberi in questi ultimi anni, monitorando attentamente l'operato degli uffici comunali e le richieste di abbattimento provenienti da privati. A Firenze, come in tante altre città del Belpaese.
In alcuni casi, invece, quando delle piante sono state davvero giudicate pericolose per l’incolumità pubblica e pertanto passibili di essere abbattute, ci siamo sforzati prima di capire la ratio dei provvedimenti per poi spiegarla con rigore ai cittadini. Ma ci domandiamo ora, non senza rammarico: non dovrebbe essere questo un compito precipuo di chi amministra e governa una città?