Firenze, 3 maggio 2023 - La siccità è la nuova normalità al tempo della crisi climatica. Dal “caso” del fiume Po ai minimi storici, l’emergenza idrica è presente anche in Toscana con  ripercussioni sulla filiera agricola e sulla produzione alimentare. Il tema della gestione sostenibile delle risorse idriche in questo comparto produttivo è stato al centro del secondo Forum Acqua organizzato venerdì scorso ad Arezzo da Legambiente Toscana con tanti ospiti.

Gli usi agricoli incidono fino al 70% sui prelievi nazionali di acqua,” spiega Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana. “Per questo è necessario cercare soluzioni in un momento di crisi climatica che ha la sua evidenza scientifica, con lunghi periodi di siccità che si alternano a eventi meteo sempre più estremi - con enormi e diffuse conseguenze sulle nostre colture.”

“Durante la prima edizione del Forum Acqua toscana, stavamo vivendo l’emergenza dei 100 giorni di siccità del fiume Po. Sono passati 12 mesi ma la crisi idrica continua anche in Italia,” continua Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente. “Siamo di fronte all'estate, il governo è cambiato ma il problema di governance è rimasto. Serve uso più sostenibile della risorsa, come l’uso delle acque reflue depurate per implementare il riutilizzo di acqua già entrata nel ciclo antropico per ridurre lo stress idrico. Servono soluzioni che siano parte di una strategia complessiva di adattamento.

La crisi climatica rimane la sfida più rilevante, che evidenzia la necessità di una pianificazione per diminuire la domanda per usi agricoli e potabili, conservare le risorse esistenti grazie all’infiltrazione di acqua piovana per rigenerare suoli e biodiversità grazie ad agroecologia e tecnologie. Secondo il Consorzio Lamma, il 2022 è stato l'anno più caldo degli ultimi tre decenni in Toscana, con un deficit delle precipitazioni del 13%. Il problema dell’emergenza idrica quindi non è dovuto tanto al cambiamento della quantità di pioggia bensì alle difficoltà di ricarica delle falde, che non riescono a trattenere le precipitazioni. In Toscana ci sono oltre 16mila laghetti, che hanno necessità di manutenzione per lavorare correttamente.

La Toscana si mantiene a galla nonostante la crisi climatica, come spiegato dell’Autorità Regionale di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale grazie agli invasi di Montedoglio e Bilancino che attualmente sono pieni. Anche in questo caso serve garantire l’efficientamento delle strutture, il controllo e la misura dei consumi, come priorità per ottimizzare l’utilizzo idrico.

Altra problematica legata alla gestione idrica, sono le perdite negli acquedotti, che anche in Toscana rimangono ancora alte, attestate intorno al 40%. E la situazione nelle aree costiere è quella più complicata, come all’isola d’Elba con fabbisogni di turismo e agricoltura. Proprio in quest’area, che dipende dalla Val Di Cornia, è in corso il progetto del dissalatore di Mola.

Quali le possibili soluzioni per una gestione sostenibile? Il potenziale che avrebbero insieme la raccolta delle acque meteoriche nelle città e il riutilizzo di quelle reflue per l'agricoltura è pari a 22 miliardi di metri cubi all'anno, cioè circa 3 volte la capacità contenuta nei 374 grandi invasi in esercizio, che ammonta a circa 6,9 miliardi di metri cubi. Il riutilizzo delle acque reflue permetterebbe una forte riduzione dell’impronta idrica però necessita di maggiori investimenti per una stringente applicazione del regolamento Ue 741/2020 .

Ad oggi, un esempio di buona pratica in tal senso è il riciclo delle acque reflue avvenuto nel distretto industriale di Prato, per uso industriale e civile (antincendio) ma non ancora autorizzate per l'irriguo a causa di un problema legato ai cloruri, attualmente monitorati. Negli anni futuri potrebbero essere utilizzate per lavaggio strade, autolavaggi, uso irriguo, florovivaistico e industriale.

Durante la giornata c’è stato spazio anche per le soluzioni promosse da aziende locali, come La Scoscesa di Gaiole in Chianti. Nei suoi 9 ettari lavora con sistemi agroforestali che permettono all’acqua piovana di infiltrarsi nel suolo, ridurre l’erosione e reidratare il terreno grazie a 19 bacini di infiltrazione, che hanno permesso dal 2018 a oltre 5.350.000 litri di acqua piovana di ricaricare le falde.

“La soluzione non è costruire nuovi invasi sui corsi d'acqua, non è utilizzare altro cemento. Dobbiamo gestire quelli esistenti ma soprattutto è necessario immagazzinare acqua nel sottosuolo, ricaricando anche artificialmente le falde“ conclude Federico Gasperini, direttore di Legambiente Toscana. “Serve ripristinare i cicli dell'acqua, puntare sul riutilizzo acque reflue laddove possibile, sull’uso di colture meno esigenti, sull’agricoltura di precisione e sui sistemi agroforestali per riattivare la fertilità dei suoli. Ci vuole un'agricoltura coraggiosa che possa portare il contributo per fare passo in avanti in tal senso.”