L’anno scolastico che ci aspetta sarà diverso da tutti gli altri, perché dopo la pandemia globale siamo chiamati a fare i conti con vincoli sanitari che vedono la scuola al centro di una messa in discussione del proprio modello organizzativo e didattico, che in questi mesi ha mostrato punti di forza e di debolezza dai quali ripartire per cambiare la qualità di un intero sistema.
Fra i punti di forza c’è sicuramente il grande valore sociale della scuola che ha dimostrato di essere il cuore delle comunità e centro insostituibile della cura educativa e formativa delle giovani generazioni. Sembra riattivato il rapporto fra scuola e famiglia che durante la didattica a distanza hanno dimostrato di saper collaborare nell’interesse dei ragazzi. Si sono rafforzate le competenze digitali di studenti e docenti, aprendo anche a nuove prospettive didattiche nell’utilizzo della rete e dei nuovi linguaggi.
Ma proprio durante la DaD sono emersi quelle condizioni e luoghi dove la scuola non riusciva già ad arrivare con efficacia: ai ragazzi che sono soggetti all’insuccesso scolastico e rischiano di disperdersi, a chi ha bisogni educativi speciali, a chi vive in condizioni familiari e abitative disagiate, a chi vive in territori privi di connessione.
La scuola vera, in presenza, di relazione e territorio è mancata a tutti. Il tempo scuola, quello significativo fatto di gruppo classe, di confronto e di conflitto, di laboratori e ricreazione, quello che distingue la propria casa privata dalla scuola come luogo pubblico e collettivo, si è visto essere insostituibile.
Allora non possiamo che ripartire da qui per ricollocare le sfide che ci attendono.