Carrara, 8 luglio 2024 – La decisione del Comune di Carrara di non rendere pubblici, cava per cava, i dati sulla resa produttiva non è sorretta «da una motivazione adeguata e sufficiente» e pertanto l’amministrazione carrarese è invitata a «rivedere il procedimento» che si era aperto con la richiesta di accesso preparata dall’avv. Diego Aravini, co-presidente dei Ceag (Centri di azione giuridica) e presentata dal presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, a nome di tutta la rete associativa. Con queste parole, molto chiare e nette, Lucia Annibali, Difensore Civico della Regione Toscana, ha accolto la richiesta avanzata da Legambiente nazionale di riesame del provvedimento di “accesso parziale” firmato dal dirigente comunale del settore Marmo.

Ancora una volta (lo scorso anno fu il responsabile per la Prevenzione della corruzione e trasparenza) gli organi di “garanzia” sollecitano il Comune a decisioni più equilibrate, che tengano in dovuto conto l’interesse pubblico e non si limitino ad accettare passivamente le mere opposizioni dei titolari di cava. L’argomento degli imprenditori per cui sussisterebbe una certa riservatezza “a tutela della concorrenza” è, infatti, irricevibile. Il Comune di Carrara non solo ha il potere di verificare se davvero la pubblicazione dei dati per ciascuna concessione (quanti blocchi, quanti informi, quante scaglie e quante terre) minacci degli interessi commerciali, ma ha soprattutto l’obbligo di valutare se prevalga questo interesse “di parte” e non, piuttosto, quello della collettività di conoscere come dei beni comuni siano effettivamente gestiti e sfruttati economicamente.

«La tutela delle Alpi Apuane, come abbiamo ribadito anche nel nostro ultimo Congresso nazionale a Roma, è una priorità di Legambiente e la battaglia contro il modello estrattivista, ancora largamente egemone nel distretto di Carrara, ne è uno degli aspetti prioritari», spiega Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana. «Riesce francamente difficile comprendere, tanto più dopo le mobilitazioni degli ultimi mesi, come le Istituzioni locali possano continuare a opporsi alle legittime richieste di trasparenza, che vengono oggi non più solo dal mondo ambientalista ma anche da più parti sociali: associazioni, sindacati, quando non addirittura da alcuni degli stessi Partiti che governano la città di Carrara».

«Siamo convinti da sempre che i carrarini abbiano il diritto di conoscere quali sono le cave “virtuose” e quelle che sbriciolano le montagne. Perché non possiamo sapere – aggiunge Mariapaola Antonioli, presidente del Circolo Legambiente Carrara – quale sia la cava che produce solo il 5% di blocchi e il restante sono informi, scaglie, terre? Come sarà possibile assicurare il controllo sulla “tracciabilità”, prevista dalla legge, se ogni volta ci si dovrà piegare al pretesto della “tutela della concorrenza”?».

Il provvedimento del Difensore Civico Regionale ha la data del 2 luglio. Il Comune avrà 30 giorni per confermare o meno l’accesso parziale. «Se lo confermerà – afferma Enrico Fontana responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente – questa volta non ci rassegneremo: valuteremo la risposta e se non sarà “convincente” i nostri legali andranno avanti col ricorso al TAR e, se necessario, arriveremo fino al Consiglio di Stato. La gestione delle cave di marmo di Carrara deve essere trasparente, come ha affermato anche il Difensore civico della Regione Toscana, nell’interesse di tutti, comprese le aziende che operano correttamente in un settore così delicato da tutti i punti di vista, ambientale, sociale ed economico».