L’insensata corsa all’oro nero continua senza tregua e in tutti i modi, nonostante le rassicurazioni dei Governi che si sono succeduti dopo il referendum sulle trivelle del 2016: nuovi pozzi e piattaforme e nuove attività di prospezione mettono concretamente a rischio i nostri mari. È il caso della Sicilia, regione sotto scacco delle compagnie petrolifere.
Nel canale di Sicilia c’è una minaccia vera, e non sono i migranti. Si tratta delle piattaforme petrolifere in attività, di quelle con progetti di ampliamento, come Vega B di proprietà di Edison ed Eni, e dei nuovi programmi di sviluppo delle estrazioni petrolifere di fronte alle coste siciliane, che rappresentano un rischio concreto per l’economia locale, per il turismo e per la pesca di qualità, oltre che una grave contraddizione con le inevitabili politiche di decarbonizzazione mondiale.
Per questo Legambiente chiede al ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio di cancellare tutti i sussidi ancora oggi garantiti alle fonti fossili e di mettere in campo una rottamazione delle fonti energetiche inquinanti, a partire dal petrolio, per segnare una vera discontinuità con i governi precedenti, sempre pronti a soddisfare ogni proposta delle arroganti compagnie petrolifere.