IL CONTESTO TERRITORIALE
Il territorio della Piana fiorentina ha una storia antica. In epoca etrusca faceva capo alla città‐stato di Fiesole, fautrice della sua bonifica, con un sistema di drenaggio mantenuto e razionalizzato poi con la centuriazione in epoca romana. Pur con grandi trasformazioni, fino alla metà del secolo scorso il confine tra città e campagna è rimasto nettamente distinto. Con il boom edilizio, invece, a partire almeno dagli anni Sessanta, gli spazi urbani si sono progressivamente dilatati facendo diventare la campagna un grande spazio periurbano.
La Piana tra Firenze e Prato è oggi un ampio territorio in cui si sovrappongono i tipici interventi disordinati ed eterogenei generati dallo sviluppo economico (che oggi riassumiamo nel termine sprawl) ad alcuni “elementi strutturali” ancora in parte leggibili quali:
- il reticolo idrografico formato, dal lato pratese, dai fiumi Ombrone e Bisenzio e verso la piana fiorentino/sestese dal Fosso Reale e dal Fosso Macinante;
- il tessuto agricolo, ricchissimo di testimonianze della cultura mezzadrile, nel quale s’inserisce in posizione dominante la Villa medicea di Poggio a Caiano e l'annessa tenuta produttiva, la Fattoria “Cascine di Tavola”;
- le zone umide, diffuse a macchia di leopardo e oggi sottoposte a tutela, alcune di origine naturale, altre invece artificiali derivanti dall’attività di escavazione o costruite per la compensazione idraulica e ambientale - è il caso, fra gli altri, dello stagno di Focognano, alle porte di Campi, che ospita un'oasi faunistica del WWF e il Parco sestese “Podere della Querciola” gestito invece da Legambiente.
La Piana è un territorio fra i più densamente popolati e vissuti della Toscana: vi risiedono circa 850.000 abitanti, cui si aggiungono tutti coloro che nella Piana lavorano o vi transitano per business o per turismo. Il territorio della Piana ospita ogni genere di imprese e manifatture (il quinto polo industriale italiano) e produce oltre 1/3 della ricchezza toscana.
L'accessibilità ai territori aperti della piana è un problema che riguarda tutti i Comuni: di fatto le uniche situazioni in cui le relazioni città-territorio non risultano finora compromesse in modo grave sono quelle a sud di Sesto Fiorentino e intorno a Campi Bisenzio.
Nel 1990, dopo una lunga fase di coordinamento regionale degli interventi di pianificazione per il sistema territoriale Firenze-Prato-Pistoia, la Regione tentò di costruire un quadro di coerenza allo sviluppo di tutta l'area, mediante l’elaborazione di uno Schema Strutturale. Le profonde trasformazioni che percorsero la società italiana (e toscana) nel triennio 1992/1994 non furono però capaci di generare quell'identità metropolitana condivisa che si desiderava raggiungere con quello Schema. Molti “vuoti" da allora si sono riempiti, riducendo qualità e quantità degli spazi aperti e aumentando la dispersione urbana. A crescere, in particolare, sono state le superfici occupate da attività direzionali, terziarie e commerciali: il distretto dell'Osmannoro, a cavallo dei comuni di Firenze, Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio; i “macrolotti" I e II di Prato; le aree industriali di Capalle e di Calenzano.
Si sono anche realizzate grandi infrastrutture “puntuali" che costituiscono anch’esse grandi enclave impenetrabili: l'ampliamento dell’attuale scalo aeroportuale di Peretola; l'Interporto di Gonfienti, mai veramente decollato; gli impianti di smaltimento dei rifiuti di Case Passerini; infine il "polo tecnologico" delle Ferrovie nell'area di Osmannoro 2000.
Altri "capisaldi" del sistema insediativo che erano previsti nella famigerata Variante a Nord/Ovest del 1989 (altrimenti detta Fiat/Fondiaria) sono invece stati realizzati in modo episodico e parziale: il Polo delle scienze sociali e giuridiche a Novoli, la cittadella connessa alla Scuola Sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri “Felice Maritano” a Castello; infine il Polo scientifico dell'Università di Firenze a Sesto Fiorentino.
A parte le ferrovie e le autostrade nazionali (A1 e A11) che proprio in questo territorio s’incrociano, le infrastrutture destinate al trasporto pubblico locale e alla mobilità dolce si sono rivelate del tutto inadeguate rispetto ai processi e ai carichi di urbanizzazione che avrebbero dovuto nel frattempo sopportare. Solo con l’entrata in esercizio del sistema tramviario, e in particolare della linea T2 – che raggiunge l’aeroporto da Piazza dell’Unità d’Italia – si sono cominciati a registrare sensibili miglioramenti della situazione trasportistica ed ecologica a livello metropolitano.
L’idea del parco come elemento ordinatore del territorio della piana è stata assunta originariamente dall’Amministrazione regionale Martini, ma è indubbio che dobbiamo la sua forte implementazione in chiave di “Parco agricolo” all’opera del primo mandato della Giunta Rossi (2010-2015), grazie soprattutto all’azione coraggiosa e incessante dell’Assessora Marson. Il processo di genesi procedurale del Parco agricolo della Piana ha quindi radici molto solide nella storia amministrativa della nostra regione. Un percorso ultradecennale, partito con attività di ascolto e coinvolgimento dei cittadini coordinate dall’allora Garante della Comunicazione regionale Prof. Morisi e poi da altri, successivi passaggi concertativi. Una traiettoria partecipativa per certi versi entusiasmante, che ha generato grandi aspettative negli abitanti della Piana.
ECCO PERCHÉ DICIAMO NO AL NUOVO AEROPORTO:
- Perché realizzare un corridoio asfaltato di 2400m di pista (che diventano 3000m, coi relativi spazi di rispetto aeroportuali) nel cuore del presunto parco, significa uccidere ai primi vagiti il Parco Agricolo della Piana, che invece avrebbe dovuto essere prioritario rispetto a qualsiasi altra infrastruttura fino ad assurgere a principio ordinatore della pianificazione.
- Perché al momento della decisione di “riqualificare” lo scalo fiorentino, la Regione Toscana si sarebbe impegnata formalmente a promuovere un Dibattito Pubblico sul nuovo aeroporto, ma finora non ha mantenuto il suo impegno.
- Perché come si evince dal parere rilasciato degli uffici VIA regionali, il rifacimento e lo spostamento a ovest del Fosso Reale e dell’intero sistema della bonifica, comporterà per la piana sestese un rischio idraulico semplicemente “non calcolabile”.
- Perché, nonostante il proponente abbia certificato la nuova pista come esclusivamente monodirezionale verso ovest, nel Master Plan essa risulta prevalentemente monodirezionale, con una percentuale non trascurabile di atterraggi e decolli (12% circa) in direzione Firenze, il cui centro storico come si sa bene è patrimonio mondiale Unesco.
- Perché il proponente dice che col nuovo scalo inquinamento atmosferico e acustico diminuiranno, ma ciò appare vero solo per il borgo di Quaracchi ma non in linea generale, vista la compresente previsione d’incremento dei voli e della dimensione degli aerei.
- Perché il nuovo scalo interferirà pesantemente sulla viabilità Nord/Sud della Piana, decretando ad esempio la cancellazione di via dell’Osmannoro, fondamentale arteria di collegamento tra Sesto Fiorentino e i borghi storici di Peretola, Brozzi e Quaracchi.
- Perché tacitamente, con la placida motivazione di una più forte sinergia con lo scalo di Pisa, determinata anche dalla fusione societaria in Toscana Aeroporti, s’intende di fatto decretare una primazia del Vespucci sul Galilei, che è a nostro avviso insensata, da tutti i punti di vista: strategico/trasportistico, territoriale, ambientale e socio/economico.