La condizione delle periferie dovrebbe essere al centro delle politiche sociali, ambientali, energetiche, sulla sicurezza e per lo sviluppo economico: non c’è formazione politica che non l’abbia affermato in campagna elettorale.
Eppure la Camera nelle prossime settimane potrebbe confermare l’emendamento già approvato al Senato che sospende i fondi per la riqualificazione delle periferie in cento città italiane, a progetti avviati o approvati, tutti co-finanziati da privati.
Parliamo di strade, di risanamenti edilizi, sicurezza idrogeologica e sismica, giardini, parchi giochi, scuole, infrastrutture indispensabili a ridare decoro ai luoghi più poveri e abbandonati in città grandi, medie e piccole. Al nord, al centro, al sud indipendentemente dal colore politico di chi le governa. Parliamo della rottura di accordi che erano garantiti dallo Stato e nei quali gli Enti Locali e i privati si sono impegnati con risorse umane, tecniche ed economiche. La rottura unilaterale degli accordi non può che avere pesanti conseguenze immediate e future, con una ulteriore perdita di fiducia di tutti verso i progetti di collaborazione tra pubblico e privato nella rigenerazione delle nostre città.
Al recupero delle periferie è dunque necessario dare massima priorità, superando contrapposizioni di bandiera che rischiano di far perdere di vista l’obiettivo principale: il benessere della collettività.
Per queste ragioni le nostre organizzazioni chiedono al Parlamento di liberare le risorse già approvate e impegnate e, anzi, di destinare nuovi finanziamenti alla vera rigenerazione delle città, con progetti innovativi e compatibili con l’ambiente, con selezioni più rapide che premino la qualità, ma soprattutto favorendo quei progetti capaci di incidere in modo efficace sul tessuto urbano delle zone periferiche, in particolare con interventi di demolizione e ricostruzione migliorando la qualità della vita di chi ci abita.
Un nuovo impegno del Governo, quindi, che non deve essere solo economico ma fattivo, controllando spese, tempi e risultati dei progetti, risolvendo le inefficienze burocratiche, che abbiamo più volte segnalato nei programmi precedenti, per avviare un percorso virtuoso che rigeneri le periferie facendole esempi di efficienza per tutta la città.
In questa direzione, siamo disponibili da subito a collaborare su un piano che è strategico per il futuro delle nostre città, dei cittadini e del Paese.
ECCO PERCHÉ DICIAMO NO AL NUOVO AEROPORTO:
- Perché realizzare un corridoio asfaltato di 2400m di pista (che diventano 3000m, coi relativi spazi di rispetto aeroportuali) nel cuore del presunto parco, significa uccidere ai primi vagiti il Parco Agricolo della Piana, che invece avrebbe dovuto essere prioritario rispetto a qualsiasi altra infrastruttura fino ad assurgere a principio ordinatore della pianificazione.
- Perché al momento della decisione di “riqualificare” lo scalo fiorentino, la Regione Toscana si sarebbe impegnata formalmente a promuovere un Dibattito Pubblico sul nuovo aeroporto, ma finora non ha mantenuto il suo impegno.
- Perché come si evince dal parere rilasciato degli uffici VIA regionali, il rifacimento e lo spostamento a ovest del Fosso Reale e dell’intero sistema della bonifica, comporterà per la piana sestese un rischio idraulico semplicemente “non calcolabile”.
- Perché, nonostante il proponente abbia certificato la nuova pista come esclusivamente monodirezionale verso ovest, nel Master Plan essa risulta prevalentemente monodirezionale, con una percentuale non trascurabile di atterraggi e decolli (12% circa) in direzione Firenze, il cui centro storico come si sa bene è patrimonio mondiale Unesco.
- Perché il proponente dice che col nuovo scalo inquinamento atmosferico e acustico diminuiranno, ma ciò appare vero solo per il borgo di Quaracchi ma non in linea generale, vista la compresente previsione d’incremento dei voli e della dimensione degli aerei.
- Perché il nuovo scalo interferirà pesantemente sulla viabilità Nord/Sud della Piana, decretando ad esempio la cancellazione di via dell’Osmannoro, fondamentale arteria di collegamento tra Sesto Fiorentino e i borghi storici di Peretola, Brozzi e Quaracchi.
- Perché tacitamente, con la placida motivazione di una più forte sinergia con lo scalo di Pisa, determinata anche dalla fusione societaria in Toscana Aeroporti, s’intende di fatto decretare una primazia del Vespucci sul Galilei, che è a nostro avviso insensata, da tutti i punti di vista: strategico/trasportistico, territoriale, ambientale e socio/economico.